a cura di dott.ssa Sara Giacaroni
L’omocisteina è un aminoacido solforato che si forma nel nostro organismo a partire dalla metionina, aminoacido essenziale, che viene introdotto con l’alimentazione attraverso il consumo di carne, uova, latte e legumi. (1)
Fondamentalmente, l’omocisteina è un prodotto di scarto che di norma viene trasformato in una sostanza innocua utile all’organismo grazie all’azione di specifici enzimi e di alcune vitamine presenti nel sangue, in particolare vitamine B6, B12 e acido folico.
Tutti abbiamo omocisteina nel sangue, ma il problema sorge quando non viene metabolizzata nel modo adeguato e si accumula all’interno dell’organismo creando il fenomeno dell’iperomocisteinemia. Si creano così dei sottoprodotti di scarto che portano ad un aumento dell’infiammazione e dello stress ossidativo e causano squilibrio nel sistema cardiovascolare, neurologico ed endocrino. (2)
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) considera normale un valore ematico di omocisteina fino a 13 µmol/L, pertanto per concentrazioni plasmatiche superiori a tale valore si parla di iperomocisteinemia. (1)
Recenti studi hanno evidenziato che concentrazioni plasmatiche elevate di omocisteina risultano essere correlate con un aumento del rischio di malattia cardio-vascolare: Le patologie cardiovascolari sono sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, un’importante causa di mortalità e morbidità. (3) In particolare, è stata evidenziata una correlazione diretta tra concentrazioni plasmatiche elevate di omocisteina ed aumento del rischio dell’insorgenza di patologie cardio-vascolari. (1) Il meccanismo esatto tramite il quale l’omocisteina provoca l’aterosclerosi non è stato ancora chiarito, tuttavia, la ricerca di base ha messo in luce una serie di eventi che possono, di per se o in sinergia fra loro, contribuire alla patogenesi della placca aterosclerotica (4). Studi sui meccanismi biochimici relativi alla funzione dell’endotelio hanno evidenziato che l’omocisteina è in grado di compromettere la normale funzione endoteliale riducendo, da un lato, la sintesi di monossido di azoto, che e la più potente molecola ad azione vasodilatatoria prodotta dall’endotelio e dall’altro aumentando lo stress ossidativo (5). Nell’iperomocisteinemia si verifica, infatti, un incremento della produzione di specie reattive dell’ossigeno, anche tramite il coinvolgimento dell’ossidonitrico sintasi endoteliale, ed un’inibizione degli enzimi antiossidanti cellulari, come la superossido dismutasi e l’isoforma cellulare della glutatione perossidasi (6). A carico dell’endotelio è stato inoltre segnalato un aumento della proliferazione delle cellule muscolari lisce indotto da alte concentrazioni circolanti di omocisteina, parallelamente ad un’ interferenza con la normale funzione piastrinica, fenomeni che possono contribuire all’instaurarsi della placca aterosclerotica (7).
Altri studi considerano l’ipermocisteinemia un fattore di rischio per patologie neurodegenerative quali demenza e malattia di Alzheimer; in particolare, un recente studio effettuato dal Dipartimento di Geriatria del Centro di Salute Mentale di Qingdao, in Cina, (8) ha dimostrato per la prima volta, come in pazienti affetti da Alzheimer, sia in presenza sia in assenza di disturbi comportamentali legati alla demenza (BPSD), sia emersa una concentrazione di omocisteina nel sangue più alta rispetto al gruppo di controllo formato da soggetti sani. Lo studio conclude affermando come l’iperomocisteinemia sia un fattore di rischio forte e indipendente per la demenza e l’Alzheimer. Un altro studio ha invece evidenziato una diminuzione delle concentrazioni di omocisteina (9) in risposta all’aumento dell’assunzione di vitamine del gruppo B. La ricerca si è conclusa affermando che i risultati ottenuti, danno la speranza che la demenza e l’Alzheimer stessa, possano essere prevenute modificando la dieta.
Livelli plasmatici elevati di omocisteina sono stati osservati anche nelle donne in gravidanza affette da preeclampsia, difetto della crescita fetale, distacco prematuro di placenta e aborti spontanei e ripetuti; È emersa anche una correlazione tra bambini nati sottopeso e alti livelli di omocisteina nelle loro mamme (10).
Infine, l’iperomocisteinemia sembra essere anche una spia di fragilità ossee: elevati livelli di omocisteina plasmatica sono un fattore di rischio importante ed indipendente per fratture osteoporotiche sia negli uomini che nelle donne di età avanzata (1).
Principalmente, i fattori in grado di provocare un’iperomocisteinemia possono essere legati a :
– carenza di vitamine B (come accennato, le vitamine B6, B12 e l’acido folico sono necessari per gli enzimi coinvolti nelle vie metaboliche e le loro carenze nutrizionali provocano blocchi con conseguente aumento dei prodotti intermedi);
– carenze enzimatiche su base genetica (sono noti difetti dei geni che codificano per gli enzimi MTHF reduttasi e MS);
– insufficienza renale, con conseguente diminuzione della “clearance” dell’omocisteina;
– farmaci (terapie con ciclosporina A o metotressato);
– età (all’ aumento dell’ età corrisponde un aumento dell’omocisteina plasmatica);
– sesso (gli uomini hanno valori più alti delle donne);
– stile di vita (attività fisica, fumo, stress, assunzione di caffè)
– condizioni generali di salute (i soggetti in buono stato di salute presentano concentrazioni di omociateina inferiori rispetto ai soggetti in peggiore stato di salute) (11).
Tuttavia, da un punto di vista epidemiologico, la carenza nutrizionale è la causa più frequente di alterazione del metabolismo della metionina con conseguente iperomocisteinemia: per tale motivo le concentrazioni plasmatiche di omocisteina sono considerate un sensibile indicatore di deficit delle vitamine correlate (folato, B12 e B6) (12).
I livelli plasmatici di omocisteina possono essere monitorati con un semplice prelievo di sangue venoso eseguito a digiuno. I soggetti che principalmente dovrebbero sottoporsi all’esame sono:
– individui che presentano fattori di rischio cardiovascolari (trombosi, infarto, embolia, trapianto cardiaco);
– donne in gravidanza;
– donne in terapia con anticoncenzionali orali;
– donne in menopausa;
– soggetti affetti da osteoporosi;
– individui affetti da sindromi metaboliche o che seguono una dieta squilibrata.(1)
In conclusione si può affermare che anche se nessuno studio ha dimostrato che l’abbassamento dei livelli di omocisteina aiuta a ridurre ictus, infarti ed altre patologie prima descritte, è assodato che un alto livello rappresenta un rischio principalmente per le malattie cardiovascolari.
Da quanto emerge da molteplici studi, l’iperomocisteinemia risulta essere causata da un insieme di più fattori: alcuni di questi non sono modificabili come la predisposizione genetica, il sesso e l’età; altri sono difficilmente modificabili come gli stati patologici e le terapie farmacologiche. Quelli modificabili, invece, sono i fattori legati a determinati stili di vita. Infatti, una vita attiva, la riduzione del consumo di caffè e di bevande alcoliche, una dieta varia, l’astensione dal fumo nonché una supplementazione vitaminica mirata (vit. B6, B12 e folati), possono ridurre i livelli di omocisteina anche in presenza di altre cause. (1)
Ovviamente, affinché l’omocisteina possa essere utilizzata come marker sentinella per individuare precocemente l’insorgenza di patologie importanti, sarebbe buona norma monitorarne i livelli plasmatici durante gli esami del sangue di routine al fine di attuare una prevenzione cosiddetta consapevole.
BIBLIOGRAFIA E WEBGRAFIA
(1) S. Argenti, R. Bazzano, H. Cena, “NUTRIZIONE E STILE DI VITA NELL’IPEROMOCISTEINEMIA”, stampa a cura di Inpha Duemila.
(2) J. Levy, CHHC, “Improveyour Homocysteine Levels to Protect your Heart”, Dr. Axe, September 23 2016.
(3) WHO (World Health Organisation). The word health report: reproducing risks, promoting healthy life. htpp://www.who.int/whr/2002/en/whr02_en.pdf.
(4) Ross R. Atherosclerosis- an inflammatory disease. N Engl J Med 1999;340:115-26.
(5) Squellerio I, Marenzi G, Veglia F, et al. Omocisteina, stress ossidativo e alterata sintesi di monossido d’azoto nelle patologie coronariche. Biochim Clin 2009;33:49-55.
(6) Weiss N. Mechanism of increased vascular oxidant stress in hyperomocysteinemia and its impact on endothelial function. Curr Drug Metab 2005;6:27-36.
(7) Harker LA, Ross R, Slitcher SJ, et al. Homocysteineinduced arteriosclerosis. The role of endothelial cell injury and platelet response in its genesis. J Clin Invest 1976; 58:731-41.
(8) Zheng Z, Wang J, Yi L, Yu H, Kong L, Cui W, Chen H, Wang C, Correlation between behavioural and psychological symptoms of Alzheimer type dementia and plasma homocysteine concentration, Biomed Res Int. 2014, Epub 2014 Jun 4.
(9) Morris MS, Homocysteine and Alzheimer’s disease, Lancet Neurol. 2003 Jul;2(7):425-8.
(10) Yajnik CS, Chandak GR, Joglekar C, Katre P, Bhat DS, Singh SN, Janipalli CS, Refsum H, Krishnaveni G, Veena S, Osmond C, Fall CH, Maternal homocysteine in pregnancy and offspring birthweight: epidemiological associations and Mendelian randomization analysis, Int J Epidemiol. 2014 Oct, Epub 2014 Jul 22.
(11) Paola Pezzati, Fiamma Balboni, Maria Stella Graziani, Iperomocisteinemia e rischio cardiovascolare: stato dell’arte, biochimica clinica, 2010, vol. 34, n. 3.
(12) Ubbink JB, Vermaak WJH, van deer Merwe A, et al. Vitamin B-12, vitamin B-6, folate nutritional status in men with hyperhomocysteinemia. Am J Clin Nutr 1993,57:47-53.